EREMO DI SAN BARTOLOMEO DI LEGIO
San Bartolomeo, (in aramaico figlio
DI TALMAI e in ebraico "DONO DI DIO"), è uno dei dodici apostoli e faceva il
pescatore. In oriente, intorno all'anno 50 d.C. fu torturato, scorticato vivo e
decapitato. Viene invocato come guaritore delle piaghe e delle malattie
epidermiche. L’escursione all’eremo di San Bartolomeo di Legio, un eremo
solitario ed appartato, è piacevole, facile, panoramica, storica. L’eremo si
trova nel Parco Nazionale della Maiella, nel vallone di San Bartolomeo, nel
comune di Roccamorice (PE). Sulla facciata dell’eremo vi sono residui di
affreschi del 1400, una Madonna col Bambino e un Cristo benedicente, ormai
gravemente danneggiati dalle intemperie e dalle iscrizioni che hanno lacerato il
lavoro. Il portale della chiesa è costituito da un semplice architrave in
pietra. Sopra l’altare del 1500 c’è un incavo di dimensioni medio-piccole,
protetta da una apertura in ferro, che ospita la statua lignea del 1800 di San
Bartolomeo, raffigurato con un coltello nella mano destra e sulla spalla
sinistra un sacco con la propria pelle ed in mano una maschera che raffigura il
suo volto sofferente. Questi simboli ricordano il suo martirio. È importante
osservare che dai lineamenti del viso, deformati dalla sofferenza, Michelangelo
ha voluto mostrare il proprio autoritratto. La costruzione dell'eremo, risale
all’anno 1200. Era una dipendenza dell’Eremo di S. Spirito a Maiella, poco
distante e fu restaurato da Pietro da Morrone all'incirca nell’anno 1250. Pietro
da Morrone eletto papa il 29 agosto del 1294, con il nome di Celestino V, che
rinunciò al pontificato il 13 dicembre dello stesso anno e proclamato santo
Pietro dal Morrone, il 5 maggio del 1313 da papa Clemente V, al ritorno del suo
viaggio a Lione, fatto per ottenere dal papa Gregorio X il riconoscimento della
sua Congregazione dei celestini, vi ci stabilì dal 1274 al 1276. Una riflessione
alla quale dovrebbe seguire una risposta è… come è stato trovato questo tetto di
roccia in un ambiente severo, inesplorato? Come gli eremiti trascorrevano la
giornata, con qualsiasi tempo, senza coperte per ripararsi dal freddo, senza
luce, procurandosi il cibo in qualche maniera? Certamente c’era abbondanza di
acqua e legna per accendere il fuoco. L’escursione inizia dalla Valle Giumentina.
Si esce dall’autostrada A 25 (Roma – Pescara) e si prende la strada regionale
487 per Caramanico Terme. Superato San Valentino, poco dopo si gira a SX al
segnale ABBATEGGIO ROCCAMORICE. Dopo pochi metri si prende a DX il bivio per la
Valle Giumentina, percorrendo una strada inizialmente asfaltata. Quando diventa
sterrata, la si percorre ancora per un centinaio di metri perché è quasi
impercorribile e si parcheggia l’auto, (650 m). A piedi, si supera l’Ecomuseo
del Paleolitico sino al segnale che indica l’Eremo, (700 m). Si prosegue per
prato incontrando due tholos crollati, affacciandosi sul vallone di San
Bartolomeo. Il sentiero per la discesa al torrente Capo La Vena – Capo Lavino, è
ripido, ma vedere l’eremo mimetizzato nella roccia calcarea, procura una
soddisfazione di pace. Il panorama è indescrivibile. La Majella e il Morrone,
quasi si toccano. Il Gran Sasso e il mare Adriatico. Si attraversa il torrente
su un ponte naturale ricavato nella roccia, affiancato ad una piccola sorgente.
Il torrente scorre in una gola profonda scavata nella roccia immerso in un’oasi
ben conservata in un verdeggiante incanto, (550 m). Ora bisogna salire le scale
lucidissime, quindi scivolose, che introducono all’eremo, (600 m). Si arriva al
camminamento antistante l’eremo su una panoramica balconata. L'eremo è
costituito da una cappella e da due vani scavati nella roccia destinati agli
eremiti. La tradizione vuole che la statua viene portata in processione dai
fedeli il 25 agosto, dopo essere scesi al torrente Capo la Vena per bagnarsi
secondo un rituale molto antico, per poi portare l'effigie del santo nella
chiesa del paese, dove rimane fino al 9 settembre. L’acqua purissima del
torrente custodisce insetti acquatici di diverse specie anfibie. Il tritone
crestato, il rospo, l’ululone appenninico, (è un piccolo rospo con il dorso
grigio-bruno fortemente verrucoso e ventre giallo macchiato di nero o di
grigio-bluastro. Il nome ululone è associato al caratteristico vocalizzo simile
a un ululato del maschio, durante il periodo riproduttivo, per segnalare la loro
presenza), la raganella italiana e la rana appenninica. L’escursione non termina
qui perché bisogna visitare l’Ecomuseo del Paleolitico. La valle Giumentina era
un piccolo lago che occupava una depressione carsica. Il giacimento, un deposito
alluvionale appartenente al piccolo lago,è un patrimonio messo in luce dagli
scavi e dagli studi effettuati nel suo territorio. Ci sono sei capanne costruite
con pietra a secco, tipo i tholos, dove sono illustrati al pubblico gli
argomenti collegati alle testimonianze ed attività dell’uomo di Neanderthal
nella Valle Giumentina, il legame archeologico dalla protostoria al medioevo nel
territorio di Abbateggio, la vita dei pastori transumanti, la flora e la fauna.
Straordinario che una escursione possa offrire tante occasioni come la cultura,
la storia, l’ambiente.
|
|