COME SI PRODUCE IL FORMAGGIO CAPRINO E LA RICOTTA La montagna brucia, il caldo è torrido, l’afa non dà tregua. Calpestare quel poco che resta del suolo montano, alzare gli occhi verso il cielo grigio, non di nuvole ma di fumo e respirare l’odore acre ed inconfondibile di bruciato, fa male. Allora io ed un amico E.B. ne approfittiamo per andare a trovare la pastora Alina in Valle Giumentina e partecipare alla preparazione del formaggio caprino e della ricotta. Paolo, il marito, ha fatto l’insegnante. Ha iniziato versando in un recipiente il latte che Alina aveva munto il mattino ed ha acceso il fornello. Alla temperatura di circa 40 gradi, ha spento il fuoco ed ha aggiunto due cucchiaini di caglio per far coagulare il latte e trasformarlo in formaggio. Quando il preparato si è coagulato, (ha la forma di una pasta gelatinosa), ha rotto la cagliata, con lo “squacciarello” un attrezzo pastorale ricavato da un ramo di ciliegio con alla base un disco di legno convesso. (Parola dialettale usata dai pastori di Roccamorice PE - N.d.R.). È importante la rottura della cagliata perché facilita l’espulsione del siero. Con un movimento circolare del braccio, la cagliata si rivolta, si agita e si ammassa.
La parte solida Paolo lo ha sistemato negli stampi
tipici forati e premendo, ha fatto uscire il liquido sieroso. Il liquido sieroso
serve perché, fatto bollire sino a raggiungere la temperatura di circa 80 gradi,
produce la ricotta, il cui nome deriva, infatti, dalla doppia cottura: ri-cotta.
Quando in superficie si formano i “fiori”, (sono delle bolle che si aprono), la
ricotta è pronta. Con una schiumarola, si raccoglie la ricotta che viene messa
negli stampi. Ora bisogna pensare alla salatura del formaggio caprino. Il sale
"disinfetta" il formaggio impedendo in superficie lo sviluppo di muffe
anti-casearie e arresta lo sviluppo di microrganismi che ne danneggerebbero la
fermentazione. Inoltre valorizza il sapore del formaggio e contribuisce alla
formazione della crosta. Per la salatura a secco si procede cospargendo in più
riprese sia le facce (i due piani di appoggio della forma) che lo scalzo (la
parte laterale della forma) con del sale da cucina "grosso". Attenzione ad una
eccessiva salatura, che oltre a portare un gusto eccessivamente salato del
formaggio, ne farebbe seccare la pasta in modo scorretto.
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Molto importante è la STAGIONATURA. Dopo un periodo di riposo (stufatura) il formaggio è tolto dalle forme e messo in un ambiente con temperatura costante, circa 20 gradi. Il lavoro non è terminato…dopo aver recuperata la ricotta, il liquido che resta, serve per nutrire gli animali da cortile, (anche le pecore e capre ne sono golose) e si può preparare una colazione salutare ed energetica. È una ghiottoneria a costo zero. Si inumidisce il pane, si spalma un po’ di ricotta e zucchero, e… provare per credere! Inutile fare paragoni con le merendine da supermercato. È vero che chi beneficia di questa ricetta sono i figli dei pastori e gli amici, ma questa lezione la proporrò ai più giovani. Una giornata utile, indimenticabile, trascorsa in amicizia, gustando sapori ormai dimenticati e vivendo la difficile e dura vita del pastore.
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